Premessa

Questo manifesto nasce sulla falsariga di “Dogma ‘95”, documento stilato dal collettivo di cineasti danesi fondato dal regista Lars Von Trier . Nasce dalla contrazione di due parole: dogma e marionetta. DOGMAR quindi. In alcune frasi ricalca quasi totalmente il testo di riferimento, ma più che per le affinità improbabili di stile e contenuti (linguagggi diversi), è stato preso ad esempio soprattutto per la sua forte valenza di cambiamento nell’immagine e nella drammaturgia, avvenuta attraverso delle semplici regole di tecnica di ripresa.

Quel manifesto è riuscito ad influenzare la composizione artistica dell’ultima generazione di filmakers. Lungi da me di pretendere egual sorte, ma visto che su questi argomenti i discorsi tra colleghi sono, sebbene sottovoce, frequenti sia alla fine degli spettacoli, sia, ahimè, durante, e che ruotano sempre sullo stesso argomento (a chi appartenga il protagonismo in scena), per mettere in luce tutto ciò ho pensato di sintetizzarne i pensieri in questo decalogo.

Penso inoltre che, nel percorso da fare per giungere alla messa in scena di uno spettacolo di burattini o marionette, o quello che volete, qualche paletto non guasti. Anzi, potremmo paragonarli a quei robusti chiodi che qualcuno pone nelle vie di scalata in motagna, per far raggiungere la meta con più sicurezza e più facilità a chi li segue, facendogli conservare forze per andare, se è il caso, oltre.

Privitera Damiano
DOGMAR 2005

DOGMAR 2005 è una libera proposta a cui ogni burattinaio, marionettista, manovratore di ombre o pupazzi è liberamente invitato ad associarsi per formare un collettivo simbolico che operi con le modalità del manifesto. DOGMAR 2005 si pone lo scopo dichiarato di contrastare “una certa tendenza” del teatro di figura attuale. DOGMAR 2005 si contrappone agli spettacoli di Teatro di Figura dove il protagonista (interprete e filtro della storia con il pubblico) sia un attore.


Nella seconda metà degli anni ‘70 molti giovani delusi dall’impegno politico si riversarono nella produzione artistica per continuare una battaglia idealistica di cambiamento della società, non più con modalità collettive ma individuali. Si avvicinarono al teatro delle marionette e dei burattini, in crisi negli anni ‘50 e ’60 per l’avvento di televisione e cinema. Questa generazione di burattinai inizialmente era inconsapevole delle radici storiche e non interessata all’aspetto tradizionale.


Al teatro di convenzione, si contrapponeva un teatro apparentemente spontaneo, indagatore, libero, solo apparentemente popolare. Parallelamente il nuovo T.F. ereditava, inconsapevolmente, l’anima anticonformista del teatro dei burattini tradizionale, se ne appropriava e ne faceva un linguaggio moderno di rottura, progettualmente alternativo al teatro d’attore (o teatro umano come lo definisce Obraztsov).


Oggi il termine “teatro di figura” è ormai non sufficientemente rappresentativo del concetto: “il primato in scena deve andare alla marionetta, al burattino, alla siluette, al pupazzo poi al manipolatore”. Il termine generico “figura” e non marionette o burattini o altro specifico ha consentito il progressivo affermarsi di una presenza della persona.


L'insana, e incomprensibile, premura di farsi accettare in un “teatro indefinito”, ne ha snaturato il linguaggio fino ad una complessiva e generica perdita di identità. Consideriamo un fallimento del T.F., su questo terreno, il rapporto tra marionette, burattini e l’attore.


Per DOGMAR la marionetta e il burattino non sono oggetti e quindi non possono essere prodotti da un artigiano! Oggi vi è una discreta manualità generica e una pseudo-attorialità diffusa. Ciò produce un grande sviluppo di "prodotto teatrale sulla figura" senza profondità. Sebbene ciò ne sancisca una certa democratizzazione, occorre però ridare vitalità ad una visione avanguardistica del Teatro di Figura. Occorre prospettare progetti in cui la “militanza artistica”, non il mestiere o la professione, ne siano l'ossatura e ne combattano la snaturazione attuale del linguaggio.


Nel 1970 chi si mise a lavorare con le marionette e con i burattini lo fece per cogliere il messaggio di libertà e interdisciplinarietà che questo teatro offriva. Il ruolo del marionettista o del burattinaio garantivano ampi spazi di manovra creativa e di pensiero senza necessariamente passare per l'acquisizione di attorialità. La prospettiva di fare compagnia e dirigere attori paradossalmente senza compagnia e senza attori sviluppò e stimolò le menti e i caratteri di persone particolari: i burattinai.


Oggi le opere di burattineria o marionettistica vengono messe in discussione come insufficienti o marginali.
A ciò ci opponiamo.


DOGMAR 2005 - manifesto

La marionetta, il burattino, le silouette, i pupazzi sono delle macchine, dei marchingegni che solo un burattinaio può costruire.

Le parti mobili devono muoversi solo attraverso due differenti possibili forze motorie: la forza di gravità e/o l’azione del manipolatore.

La ricerca della scena autonoma è essenziale; in toto o a settori parziali incornicia lo spazio scenico in cui operano le marionette, i burattini, le siloutte, i pupazzi.

Il burattino, la marionetta, le silouette o i pupazzi non devono mai essere elementi marginali dello spettacolo, ne possono essere considerate come semplici elementi scenografici.

Il mediatore della storia, l’elemento tra pubblico e testo è il burattino, la marionetta, la siluette, o il pupazzo.

La figura non necessita di spiegazioni palesi o meno da parte dell’eventuale recitatore, tantomeno queste spiegazioni possono essere l’elemento portante dello spettacolo

Il manipolatore in scena può rappresentare solo il ruolo del burattinaio (se stesso) o del narratore, mai di un personaggio (a meno che non rappresenti “l’uomo”)

La tecnica delle marionette, dei burattini, delle silouette e dei pupazzi fa parte della drammaturgia del T.F..

Le marionette, i burattini, le silouette o i pupazzi contengono in se elementi essenziali alla drammaturgia

Non è consentito l’uso di voci registrate (a parte voci fuori scena), la recitazione deve avvenire dal vivo congiuntamente al movimento del burattino e della marionetta (con sincronia a parte specifici dettami drammaturgici)